Artrite
Quando si parla di artrite ci si riferisce in realtà ad un gruppo di patologie reumatiche di tipo infiammatorio, tra le quali le principali sono l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica, la sindrome di Reiter e le artriti reattive, la spondilite anchilosante, le artriti associate ad enteropatie croniche e il reumatismo articolare acuto. Parleremo qui dell’artrite reumatoide (AR).
L’artrite reumatoide (AR) è una patologia cronica che colpisce le articolazioni diartrodiali, come nel caso dell’artrosi, ma attraverso un diverso processo patologico. A differenza dell’artrosi poi, l’AR non si manifesta soltanto a livello delle articolazioni ma può coinvolgere anche altre strutture corporee.
A livello epidemiologico l’AR ha una prevalenza tra 0,3% e 2% della popolazione con un’incidenza tra 2 e 4 nuovi casi su 10.000 abitanti ogni anno. Esordisce più frequentemente tra i 40 e i 60 anni, anche se può manifestarsi in qualsiasi fascia di età, e il rapporto femmine/ maschi è di 4 a 1.
Dal punto di vista eziopatogenetico ad oggi l’ipotesi più accreditata per l’insorgenza dell’AR vede l’interazione tra una predisposizione genetica e fattori ambientali. Determinante sarebbe il contatto con un antigene che innescherebbe il processo patologico. Questo sembra consistere nella modalità di attivazione del sistema immunitario: un processo infiammatorio acuto che andrebbe poi incontro a cronicizzazione. Sembra altamente probabilmente che nel processo di mantenimento della patologia entrino in ballo meccanismi di tipo autoimmune che potrebbero avere come bersaglio il collagene. Ad oggi non è chiaro quale possa essere l’antigene in questione ma si suppone si tratti di un agente infettivo per via del fatto che, a livello sperimentale, si è riusciti ad indurre un’artrite cronica, simile all’AR nei maiali, in seguito ad inoculazione di un bacillo gram positivo (Erysipelothrix rhusiopathiae). Ad avvalorare questa ipotesi si aggiungono i risultati delle ricerche relative alle artriti reattive. Queste, infatti, sono risultate essere collegate all’azione di batteri come Yersinia, Salmonella, Shiglla e Clamidia, che ne scatenerebbero la comparsa (per questo vengono definite “reattive”).
Tra batteri e virus sono tantissimi i possibili candidati nella ricerca dell’agente eziologico scatenante dell’AR ma ad oggi non si è pervenuti ancora ad una risposta, per via del fatto che nessun microorganismo è stato mai isolato nelle articolazioni colpite dai soggetti con AR. Il virus verso il quale i ricercatori nutrono i maggiori sospetti è l’Epstein-Barr, il virus della mononucleosi infettiva, perché l’80% dei pazienti con AR risulta esservi venuta in contatto.
A livello delle articolazioni il bersaglio del processo patologico è il tessuto sinoviale che si inspessisce e produce dei villi. Nelle prime fasi della patologia i sintomi principali sono l’astenia, la comparsa di tumefazioni lievi a livello delle piccole articolazioni di mani e piedi che risultano doloranti alla palpazione. Solitamente inizia a comparire la rigidità a livello articolare: si presenta al mattino (morning stiffness) e, a differenza dell’artrosi, dura da una a tre ore. In alcuni casi sono presenti anche febbre, perdita di peso e dolori muscolari. Nelle fasi acute a livello delle articolazioni sono presenti anche rossore e calore, segni tipici dell’infiammazione (Celso, famoso medico morto nel 45 d.C., definì i primi 4 elementi principali dell’infiammazione, calor, rubor, tumor e dolor, cui Galeno aggiunse successivamente il quinto, la functio lesa. Questi 5 criteri sono tuttora considerati validi).
La rigidità in realtà può comparire anche in un secondo momento in alcuni casi mentre la faticabilità e la debolezza al movimento delle articolazioni interessate compare fin dall’inizio.
Successivamente può intervenire una limitazione funzionale dovuta all’estensione del processo infiammatorio a cartilagini e all’osso subito al di sotto di queste che può andare incontro ad erosione e fenomeni osteoporotici, all’inspessimento della capsula articolare e all’aumento del liquido intrarticolare. In alcuni casi possono verificarsi delle anchilosi. ,
La distribuzione delle articolazioni interessate è di tipo simmetrico a livello di più articolazioni (poliartrite) diartrodiali. L’andamento temporale vede interessate prima le articolazioni più periferiche e via via quelle più centrali: poliartrite a distribuzione simmetrica ad andamento centripeto e a carattere aggiuntivo (nel tempo aumentano le articolazioni coinvolte). Questo ultima caratteristica differenzia l’AR dal reumatismo articolare acuto che oltre ad avere una durata limitata solitamente è di tipo sostitutivo (regredisce in alcune articolazioni per manifestarsi in altre).
Il processo infiammatorio può interessare anche tendini e legamenti a livello dei quali possono comparire dei noduli (noduli reumatoidi). I noduli vengono riscontrati soltanto in una bassa percentuale di pazienti (circa il 15-30%). Si tratta in genere di pazienti positivi al fattore reumatoide (FR), un autoanticorpo che viene riscontrato un una certa percentuale di pazienti con AR. Gli autoanticorpi attaccano le cellule dell’organismo che li produce perché erroneamente non le riconosce come proprie dell’organismo e considerandole estranee agisce per combatterle ed eliminarle. Possono manifestarsi anche, in rari casi, a livello di organi interni come cuore, polmoni, reni ma nella maggior parte dei casi non arrivano ad alterarne la funzione.
A livello tendineo le tenosinoviti, estremamente frequenti, possono in molti casi essere il sintomo di esordio, con dolore nei movimenti che coinvolgono i tendini interessati e dolore al tatto lungo il loro decorso, specialmente a livello dei tendini dei muscoli estensori e flessori delle dita delle mani. Può verificarsi la comparsa del “dito a scatto”.
A livello delle mani, con il tempo può manifestarsi una deviazione delle dita verso il lato ulnare del polso che, per la sua conformazione viene detta “dita a colpo di vento”. Le dita poi possono assumere delle conformazioni particolari per via delle alterazioni che avvengono a livello articolare: dita “a collo di cigno” o “en boutonnière”( ad asola) a seconda dei rapporti di inclinazione tra le falangi. Il pollice può assumere la forma a Z.
La patologia può esordire in modo acuto o insidioso e graduale.
L’AR tende ad indurre la comparsa o l’aggravamento dell’osteoporosi. Questa può manifestarsi localizzata alle estremità ossee in prossimità delle articolazioni coinvolte dall’AR o può essere di tipologia diffusa. Quest’ultima è la conseguenza della sedentarietà indotta dalla patologia e dall’uso di corticosteroidi (che rientrano tra i farmaci che vengono utilizzati nei pazienti con AR).
La diagnosi dell’AR è complessa nelle fasi iniziali della patologia, perché le sue manifestazioni all’inizio sono sovrapponibili a quelle di altre patologie di tipo infiammatorio. I criteri diagnostici principali sono la presenza di:
Primi quattro criteri devono persistere almeno per 6 settimane e occorre che siano presenti almeno 4 dei sopraelencati criteri.
Il monitoraggio di indici bioumorali come la velocità di eritrosedimentazione (VES), la proteina C reattiva (PCR) e le α2 globuline, (PCR) sono importanti per la diagnosi e per il monitoraggio dell’andamento dell’AR. A questi esami si aggiungono quelli degli autoanticorpi, tra cui il FR che risulta essere presente nel 70-75% dei pazienti. In base alla presenza o meno del FR si parla di AR sieropositiva o sieronegativa. Occorre sottolineare che il FR non è presente esclusivamente in pazienti con AR ma può essere riscontrato anche in soggetti sani e in sogetti affetti da altre patologie. Nel 20-50% dei pazienti si rileva la presenza di anticorpi anti-nucleo (ANA) che può far sospettare la presenza di patologie concomitanti come la sindrome di Sjögren o una qualche tipologia di connettivite.
La radiografia è un esame che nelle fasi iniziali della patologia non fornisce reperti specifici ma in un secondo momento evidenzia reperti fortemente correlati con l’AR come la presenza di erosioni ossee a livello delle aree che si trovano tra l’inserzione della capsula articolare e l’inizio della parte di osso protetto dalla presenza della cartilagine (dette aree nude o “bare areas”). La riduzione della cartilagine, a differenza dell’artrosi, risulta di tipo omogeneo e non limitata alle aree che maggiormente subiscono il carico.
La terapia medica dell’AR mira a contrastare l’infiammazione e la sintomatologia dolorosa. Esistono poi nuove categorie di farmaci, tra cui i farmaci biologici prodotti mediante ingegneria genetica, che hanno aperto le porte a nuove cure. Dal sito dell’Istituto Superiore di Sanità (https://www.issalute.it/index.php/saluteaz-saz/a/582-artrite-reumatoide#terapia) apprendiamo che:
- L’artrite reumatoide è una malattia che persiste nel tempo (cronica), necessita di terapie prolungate e, in alcuni casi, continuative. Infatti, solo pochi malati giungono a completa guarigione mentre la maggior parte di essi deve curarsi per tempi lunghi.
- La terapia va iniziata il più rapidamente possibile, prima che le articolazioni infiammate siano danneggiate in modo permanente.
- L’evoluzione della malattia varia da persona a persona. I disturbi (sintomi) possono comparire in forma graduale, anche nel corso di diverse settimane o di alcuni mesi.
- Gran parte dei malati attraversa periodi caratterizzati da disturbi (sintomi) acuti alternati a periodi in cui il dolore è pressoché assente.
- In Italia, il numero di casi di artrite reumatoide presenti nella popolazione generale (prevalenza) è pari a circa lo 0,5% e si stima che i malati siano tra i 200.000 e i 300.000.
LA RIABILITAZIONE
La riabilitazione è molto importante per i pazienti affetti da questa patologia. L’AR è una patologia che va incontro a fasi attive e fasi di remissione.
Se è vero che nelle fasi attive, in cui è presente l’infiammazione, si deve raccomandare di tenere le articolazioni a riposo, nelle fasi di remissione è fondamentale intervenire per mantenere una corretta funzionalità delle articolazioni ed evitare che vadano incontro ad alterazioni strutturali che possono altrimenti degenerare in quadri importanti come le anchilosi. L’intervento riabilitativo mira anche a mantenere/ripristinare il giusto livello di tono, forza, massa e funzionalità muscolare necessari al corretto funzionamento delle articolazioni. I muscoli, infatti, in questa patologia risentono sia dei periodi di inattività dovuta alle fasi attive della patologia che degli effetti collaterali del cortisone (miopatia da cortisone).
Una corretta attività muscolare è necessaria per proteggere le articolazioni da sovraccarichi funzionali e da movimenti scorretti che posso contribuire ad alterarne la struttura.
BIBILIOGRAFIA:
Todesco, Silvano, Pier Franca Gambari, and Leonardo Punzi. Malattie reumatiche. McGraw-Hill, 2007.